Cena degustazione tra Il Falconiere ed Il Rigoletto

Il 30 Settembre 2013 scorso presso il Relais Il Falconiere c’è stato un grande evento. Almeno per me che ero curioso di assaggiare i piatti di Gianni D’Amato ed era tanto che non tornavo al ristorante di Silvia Baracchi.

Gianni D’Amato è il proprietario e chef del Rigoletto di Reggiolo, bistellato danneggiato e reso impraticabile dal terremoto che ha colpito l’Emilia nel 2012. Il Rigoletto itinerante è un’iniziativa per la raccolta di fondi che andranno a rimettere in piedi questo grande ristorante.

Il luogo dove la cena si è svolta è bellissimo, ricco e suggestivo. Nelle stagioni calde passereste tutto il giorno ad ammirare la Valdichiana, con Montepulciano li davanti, dallo splendido terrazzo. Al suo interno l’unico stellato della provincia di Arezzo.

La cena inizia nella cantina del ristorante. Ad accompagnare piccoli bocconi al cucchiaio di ottima fattura il metodo classico a base Sangiovese prodotto dalla famiglia Baracchi proprietaria del relais.

Inizia poi il servizio al tavolo. Il menù sarà il seguente:

  • Terrina di cinghiale all’aroma di ginepro con chutney di sambuco e pera piccante (Falconiere)
  • Millefoglie di cotechino, crema morbida di patate e spuma di lambrusco, zabaione al brandy (Rigoletto)
  • Zuppa di zucca ‘poltrona’ con ‘gnudi’ di baccalà, tartufo e olio evo (Falconiere)
  • Una lasagna come un tortello (Rigoletto)
  • Autunno in toscana: vitello cotto a bassa temperatura, nocciole tartufo e funghi (Rigoletto)
  • Pre dolce: uva fragola (Rigoletto)
  • Lingotto di cioccolato Vestri allo zenzero e crema cotta al cardamomo (Falconiere)

In alternanza Falconiere e Rigoletto con il secondo piatto ed il pre dolce a carico di D’Amato. Il dolce rientra in casa. I vini sono quelli di Baracchi, vini che fanno – nessuno escluso – di concentrazione e spessore un loro punto di forza.

Devo fare una precisazione. La differenza di tocco delle due cucine si sente ed è stata messa in evidenza anche da alcuni degli altri commensali; ma non voglio condividere responsabilità su giudizi che sono soltanto frutto del mio gusto. Se dall’Emilia arrivano sapori netti e definiti, la tradizione che incontra modernità e leggerezza, dalla Toscana rispondono con una ricerca che ancora deve trovare una sua strada. Proviamo piatti che giustamente poggiano sulla tradizione e vanno nella direzione della freschezza ma che soffrono però di una certa, indefinita, identità.

Scrivendo queste parole mi tornano in mente i sapori ed ecco: nei piatti assaggiati quella sera (erano anni che non tornavo al Falconiere) si deve ancora provvedere ad un’opera di pulizia eliminando ciò che eccede come alcuni grassi ed alcuni sapori di troppo. C’è da togliere e non da aggiungere, da alleggerire e non da arricchire e D’Amato lo ha dimostrato in ogni piatto.

Non starò a ripetere i nomi delle portate.

Nel primo antipasto se è pregevole l’uso di elementi acidi, piccanti e freschi si patisce l’eccessivo uso del burro ed il sapore piuttosto indefinito dell’elemento centrale.

A seguire abbiamo elementi che assieme si armonizzano l’un l’altro. L’intensa dolcezza ed aromaticità dello zabaione e la vinosità e freschezza della spuma di lambrusco sostengono la crema di patate e soprattutto un cotechino immenso che mette fretta al Natale attraverso un insieme di sapori che mi dicono classici nella zona da dove arriva lo chef.

La zuppa è ottima e rinforzata da un olio di semi di zucca, dolce e autunnale come deve fa da letto ad uno gnudo di baccalà. Assieme si spalleggiano ed il tartufo, a giudizio di mia moglie inutile se non fastidioso, a me è parso fondamentale non tanto per l’apporto olfattivo quanto per quello che si ha in bocca conferendo quella caratteristica nota terrosa e di muffa nobile. L’unica pecca sono se proprio si deve i semi di zucca stessi che avrebbero goduto da una tostatura più spinta.

Sul primo di matrice emiliana un applauso vigoroso. Niente colpi di testa, si lavora sull’aspetto più che sul gusto (perché cercare di perfezionare sapori che già lo sono?). La tradizione in tutta la sua potenza con un sugo di carne che dovrebbe essere venduto in farmacia assieme ai salvavita ed una crema di parmigiano che esplode in bocca con delicatezza e netta precisione.

Il secondo io me lo aspettavo come la solita guancia di vitello cotto a bassa temperatura. Colloso e sfatto con la solita riduzione di fondo di cottura. Ed era, effettivamente, la solita guancia di vitello però buonissima a partire dalla carne. Funghi che andavano a restituire la masticabilità del piatto, tartufo importante sempre per quel discorso di gusto, fondo di intensità unica e le nocciole non banalmente tritate ma ridotte ad una crema (non dolce) che moltiplicava per mille i sapori e la lunghezza in bocca di ogni singolo boccone.

Il pre dolce riapre lo stomaco e pulisce la bocca da ogni sapore agganciandosi però alla piacevole grassezza dell’ultimo piatto. Uva fragola e nocciole, lamponi disidratati.

Il dolce a me non è piaciuto. Se la tavola di cioccolato Vestri e zenzero su cui poggiava la crema al cardamomo era ottima, come tutte le amenità che circondavano il dolce principale, la crema era gravata da una quantità di cardamomo eccessiva che lo rendeva faticoso.

Il servizio, ben  preparato, su ogni singola portata è stato di una precisione imbarazzante introducendo e spiegando le principali caratteristiche.

Le foto fanno paura, colpa mia che ho utilizzato il telefono e di una luce leggermente troppo tenue. Mi spiace e spero che non sminuiscano l’effettivo valore dei singoli piatti.

Ristorante Il Falconiere
chef Silvia Baracchi
Località San Martino 370, 52044 Cortona (Arezzo)
tel  0575 612679
http://www.ilfalconiere.it

Caffè Arti e Mestieri
chef Gianni D’Amato
Via Emilia a San Pietro 14, 42121 Reggio Emilia
tel 0522 432202
http://www.giannidamato.it

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