provato a cena ad Agosto 2013
Andare a mangiare al St. Hubertus vuol dire entrare in un meccanismo perfetto e consolidato che non dimentica il suo ruolo cioè quello di offrire piacere e divertimento.
È entrare in un locale raffinatissimo e non sentirsi fuori luogo, allo stesso tempo provare una cucina moderna e tradizionale che gioca molto sui sapori vegetali.
È impressionante la capacità che il personale di sala ha di mettere a loro agio i clienti. Devo ammetterlo, partivo piuttosto titubante e preoccupato pensando tra me e me che in quel luogo mi sarei trovato in imbarazzo. Così è stato per un momento, solo all’inizio quando eravamo davanti alla porta, poi i timori sono scomparsi e tutto è filato liscio.
L’unica cosa che mi ha messo in difficoltà, lo fa sempre in locali come questo, è la tovaglia troppo lunga che mi si intrecci con i piedi e che mi fa inciampare ogni volta che mi alzo. Io sono abituato a distendere le gambe sotto al tavolo e non a stare come una collegiale a lezione.
Questo per dire che il St. Hubertus è un luogo eccellente non soltanto perché c’è la cucina di Norbert Niederkofler. Quella è speciale ma è assieme a tutto il resto, l’insieme di luogo e persone tutte, che si comprende – e si gode – meglio.
Appena entrati una girandola di persone ci fa accomodare e compare sul tavolo un’ottima tartar di cervo racchiusa tra due sfoglie, cucchiaini di nocciole e cioccolato bianco assieme ad una pietra sulla quale erbe che bruciano lentamente emettono un fumo tenue e aromatico.
La tartar è notevole con una punta balsamica leggerissima che esalta la selvatica delicatezza delle carni. Ed io non amo le carni rosse crude.
Subito dopo altra giostra di persone e la tavola come per magia è occupata da olio (una piccola produzione indigena), ottimo burro, sale al vino rosso che è indescrivibile e una serie di pani tutti prodotti dai cuochi del St. Hubertus. La baguette di patate è favolosa.
Poi come omaggio di cucina una Tartar di vitello con mela marinata interessante. Mi spiace non trovare null’altro da dire ma a me la carne rossa cruda non piace molto come ho detto sopra; non mi spiego difatti perché ho trovato così buona la precedente. Forse perché lo era, forse perché la sua selvatica dolcezza stemperava le sensazioni che solitamente odio.
Il primo antipasto è di grande impatto. Un’ottima Tartar di lavarello con coste, melissa, licheni e cera d’api che sorprende per freschezza e persistenza anche se col senno di poi mi rendo conto che probabilmente è il piatto che mi ha entusiasmato meno di tutti.
Notato qualcosa? Questa tripletta di tartare che per quanto buone alla fine possono stancare, almeno me, è l’unico difetto che ho trovato in tutta la cena.
Si continua con una Insalata alle erbe del Maso Aspinger con sedano rapa cotto al sale. A me questa cosa di aprire, o quasi, una cena con un’insalata piace e quando ci si ritrova davanti ad oltre quaranta erbe fresche e croccanti dai sapori incredibili non si può fare a meno di battere le mani. Sotto una salsa di pomodoro che lega tutti i sapori dando forza ad un calibrato uso di aceto di vino ed il sedano rapa come la terra da cui quelle erbe sono nate. Dopo averla mangiata vorreste andare al Maso a pascolare.
I due primi sono stati decisamente ottimi.
Gli Gnocchi di rapa rossa, ravanelli bianchi e rossi, terra di birra sono stati una sorpresa come fosse mangiare un orto delicato e consistente nella forma di gnocchi, terreno e verdure dal sentore piacevolmente pungente. Il tocco di cren all’interno (a me pareva ci fosse ma forse era il sapore dei ravanelli9 mi ha lasciato a guardare il secondo gnocco con malinconia ed il terzo come si guarda un amico che parte per un viaggio che durerà molto tempo.
Poi l’Orzotto con erbe di montagna, verbena al limone che ha pulito la bocca fresco e grasso assieme. Cotto come un risotto, mantecato con burro di capra e reso fresco da malva, verbena e trifoglio viene servito semi-coperto da un disco di gelatina alle erbe che conferisce ancor più freschezza. Non immaginatevi un ghiacciolo alla menta caldo ma qualcosa in cui tutto è preciso e prezioso, dove nulla uccide il resto. Il vegetale sopra è un pezzo di gambo di trifoglio da mangiare a conclusione del piatto. Acido come un limone che vi resetta il palato.
Le carni vengono offerte in due servizi. Nel nostro caso due diverse tipologie: prima l’agnello e poi vitello.
L’Agnello della Valle di Vizze con purè di ortica e menta, popcorn ci offre una panoramica dell’intero animale offerto con diverse cotture, tutte ottime e un paio favolose.
Le costolette cotte al momento con panatura di caffè d’orzo e la pancia cotta a bassa temperatura croccante con la pasta fillo danno l’idea di come cambia il sapore dell’animale, più della consistenza, in ogni singola parte.
Poi Spalla di vitello, rosti di patate e salsa verde. Spalla tenerissima con un gel di cren, rosti croccante e una “granita” fine di salsa verde che riapre lo stomaco. Un bollito che pare prepari ad iniziare tutto nuovamente.
Il pre-dolce viene servito sopra ad una pietra ghiacciata. Sorbetto di mela verde e meringa al pino mugo che viene bruciata in tavola con un pezzo di brace da uno dei cuochi. Con il piatto precedente vi si riapre lo stomaco.
Poi la Tarte Tatin con gelato alla vaniglia mantecato al momento che è commovente per la sua capacità di accelerare la salivazione ed essere opulenta ma senza ingolfare il fortunato che la mangia.
Dolcetti e praline in abbondanza. Provate il caffè, anche se vi terrà svegli, che ne vale veramente la pena.
Un’ultima nota sui vini. La carta, molto interessante, ha ricarichi non proprio bassi ma voi affidatevi a chi se ne occupa rendendo chiare le vostre esigenze, attenzione Christian Rainer vorreste trovarlo in ogni ristorante che visiterete (da dipendenza), e vi divertirete con una giusta spesa. Qui alcune delle bottiglie provate.
Ristorante St. Hubertus
chef Norbert Niederkofler
Strada Micurá de Rü, 20 – 39030 San Cassiano in Badia (BZ)
tel. 0471 849 500
coordinate: 46.571381, 11.931594
http://www.rosalpina.it/it/ristorante-st-hubertus.htm